Le nuove sfide contro il cancro
Siamo sulla buona strada nella lotta contro il tumore, anche se ancora non si può dichiarare vittoria. Esami più precisi, chirurgia mininvasiva e robotica, nuovi farmaci molecolari, attrezzature radioterapiche più sofisticate: negli ultimi dieci anni, la ricerca ha permesso di fare enormi e importanti progressi nella diagnosi e nel trattamento di molti tumori. Di recente si registra un’improvvisa ed ulteriore accelerazione, che sta offrendo non solo nuovi strumenti terapeutici ma anche approcci innovativi. E la prospettiva va verso farmaci sempre più mirati ed efficaci per un numero sempre maggiore di malati. Ne parliamo con il dottor Armando Santoro, Direttore di Humanitas Cancer Center.
Oggi di cancro si guarisce?
“Sì, si può guarire. Basti pensare che in Italia ogni anno si manifestano 250mila nuovi casi di tumore e che quelli prevalenti (persone malate o che lo sono state) superano i 2 milioni. Ma il cancro fa ancora molta paura: comprensibile, data la sua diffusione, ancor più pensando al fatto che in passato la mortalità era decisamente elevata. Ma la realtà è che, oggi, oltre la metà dei malati guarisce, ovvero non presenta recidive per il resto della vita”.
Cosa incide sulle maggiori probabilità di guarigione?
“Molti fattori giocano insieme. Primo fra tutti, la diagnosi precoce e gli screening associati a una migliore diffusione della cultura della prevenzione da parte delle persone e dei medici stessi, più attenti ai segnali iniziali. E, poi, gli esami più sofisticati messi a disposizione dall’avanzare della tecnologia: si pensi alla mammografia digitale, alla TAC spirale e alla PET, in grado di ‘riconoscere’ un tumore anche minuscolo. Infine, la chirurgia ha fatto la sua parte, consentendo interventi mininvasivi con un recupero migliore e senza ‘mutilazioni’. I farmaci e la Radioterapia, poi, sono sempre più mirati ed efficaci andando dritti al bersaglio salvaguardando i tessuti sani. Un cenno merita, inoltre, la multidisciplinarietà dell’approccio al tumore. La patologia, infatti, spesso interessa più discipline mediche e le eventuali problematiche o i controlli devono essere discussi collegialmente in modo da avere una visione globale della patologia e poter velocizzare la diagnosi e l’accesso del paziente al percorso clinico”.
Dove si riscontrano i successi maggiori?
“Nelle malattie ematologiche: leucemia, linfoma e mieloma grazie ai nuovi farmaci che ne hanno radicalmente modificato il decorso. Si pensi al Glivec contro la leucemia mieloide cronica. Tra le patologie in cui si sono registrati i maggiori successi c’è inoltre il tumore della mammella, di cui oggi in Italia guariscono il 90% delle pazienti. Risultati simili si ottengono nel carcinoma del colon-retto, che ha una percentuale di guarigione definitiva intorno al 70%. Nel complesso, rispetto a 15 anni fa, possiamo dire che le probabilità di guarigione dalle diverse forme tumorali sono aumentate mediamente del 20% e, più in generale, si è assistito ad un netto miglioramento della possibilità di sopravvivenza a lungo termine”.
Dove invece il fronte è ancora aperto?
“Il tumore al pancreas rimane la ‘pecora nera’ insieme a quello del polmone in fase metastatica. Spesso si evidenziano quando sono ormai conclamati e le terapie non sono così incisive. Un dato era valido in passato quanto lo è oggi: il fumo aumenta l’incidenza del tumore al polmone di ben 20 volte rispetto al non fumatore. Smettere di fumare è, quindi, fondamentale”.
I farmaci biologici che cosa sono, e quali benefici comportano per i pazienti?
“La ricerca a livello genetico e molecolare, sui meccanismi coinvolti nello sviluppo e crescita dei tumori, ha permesso di mettere a punto una nuova classe di farmaci, definiti biologici, che sono concepiti per agire in maniera selettiva soltanto sulle cellule malate, interferendo proprio sul loro sviluppo. Ci sono patologie, come i tumori gastrointestinali stromali, detti GIST, che fino a 15 anni fa erano incurabili, ma che oggi possono essere affrontate con delle buone prospettive proprio con le terapie biologiche. L’arrivo di queste molecole innovative, ha fatto registrare importanti successi anche nel campo emato-oncologico: linfomi, mieloma multiplo, leucemia mieloide cronica e leucemia linfatica cronica. Grazie a questi nuovi farmaci, ci sono state importanti novità anche per patologie la cui cura sembrava vincolata a protocolli ormai stabilizzati da tempo. Ad esempio per il trattamento del melanoma esistono due nuove terapie biologiche che hanno dimostrato un’alta probabilità di risposta e che ci fanno auspicare risultati positivi in tempi brevi, anche nei casi in cui sono già presenti delle metastasi. Un’altra patologia sulla quale non avevamo risultati incoraggianti e che sta beneficiando delle prospettive aperte dai farmaci biologici, è il tumore al polmone. Oggi sappiamo che non esiste un’unica forma di carcinoma polmonare, ma sono stati individuati vari sottogruppi, con caratteristiche molecolari differenti. Su alcuni di questi sottogruppi sono in fase di sviluppo terapie mirate estremamente promettenti”.
Si va quindi verso cure sempre più personalizzate?
“Le nuove prospettive aperte dalla ricerca stanno portando ad un vero e proprio cambiamento di prospettiva nell’affrontare queste patologie. Sempre di più, infatti, il tumore non è più classificato soltanto in base all’organo che colpisce, ma anche sulla base dei suoi processi evolutivi e delle sue caratteristiche molecolari specifiche. La capacità che abbiamo acquisito di distinguere e caratterizzare in modo così specifico forme differenti della malattia ci porta ora a confrontarci con gruppi molto meno numerosi di pazienti accomunati dalle stesse caratteristiche molecolari. Questo fenomeno induce a un’inevitabile rivoluzione culturale nei protocolli di ricerca, i cosiddetti trials. È fondamentale, infatti, ripensare la struttura degli studi clinici per lo sviluppo di nuovi farmaci”.
Cambiano quindi i trials clinici?
“Dovendo sviluppare una molecola in grado di essere efficace su un tumore con alcune caratteristiche peculiari, è difficile effettuare studi clinici che prendono in esame un vasto numero di pazienti. Non solo il numero di casi inseriti nel trial deve essere più limitato, ma gli stessi pazienti devono essere strettamente selezionati, proprio perché sono colpiti da uno specifico sottogruppo della malattia. In questo modo siamo in grado di verificare, con maggior precisione, l’efficacia di un farmaco nella cura di una determinata forma tumorale che affligge un organo e che ha una particolare mutazione. Non solo, il passo successivo, già applicato in numerosi studi clinici, è osservare l’azione dello stesso farmaco in carcinomi che colpiscono organi diversi ma che presentano la medesima mutazione. Questo approccio trasversale promette di metterci a disposizione un numero ancora maggiore di possibilità terapeutiche. Questo metodo di ricerca e sperimentazione clinica offre risultati migliori soprattutto quando viene applicato in strutture che dispongono di una casistica ampia e diversificata e che sono anche capaci di condurre indagini molecolari e genetiche avanzate”.
Cosa si attende nel prossimo futuro?
“I passi avanti fatti fino ad oggi fanno sperare che presto avremo a disposizione le conoscenze necessarie e gli strumenti terapeutici adeguati per riuscire ad intervenire in modo sempre più efficace e completo sui meccanismi di sviluppo della malattia per poter, così, risolvere anche i casi più difficili. Uno dei nostri obiettivi è utilizzare contemporaneamente nello stesso paziente diverse terapie biologiche, per intervenire nelle diverse fasi di crescita e diffusione del tumore. Un’altra sfida che ci stiamo preparando ad affrontare è quella della gestione dei pazienti che hanno un quadro clinico complesso, dovuto all’età o alla presenza di altre gravi patologie. Tutto questo sarà possibile grazie ad un’integrazione sempre maggiore fra la ricerca e l’applicazione clinica dei risultati ottenuti. Concludo con una nota fondamentale: una componente cruciale del percorso terapeutico, in grado di determinarne i risultati è il rapporto che si viene a creare con il paziente. Per questo presso Humanitas Cancer Center puntiamo a garantire un’assistenza che sia formulata sulle necessità e sulle caratteristiche dei pazienti, evitando ogni forma di generalizzazione e che sia quindi basata su un approccio multidisciplinare”.