Le nuove frontiere nella cura e trattamento della patologia della spalla

castagnaPassi da gigante nella cura e trattamento della patologia della spalla, una grande famiglia che raggruppa, a sua volta, altri tre grandi capitoli: l’instabilità (cioè la spalla esce di sede), la lesione del tendine della cuffia del rotatori e gli aspetti degenerativi (artrosi) o fratture che possono portare all’inserimento di protesi. Ognuno di loro ha una storia diversa e differenti evoluzioni. Ma i maggiori progressi della ricerca sono stati ottenuti per la lesione della cuffia dei rotatori. Alcuni ancora in fase embrionale ma con studi promettenti, anche da parte dei medici e ricercatori di Humanitas, altri già consolidati. Ne parliamo con il dottor Alessandro Castagna, responsabile di Chirurgia di Spalla, Gomito e Piede di Humanitas.

La ricerca ha portato a una grande evoluzione nel trattamento della patologia della spalla?

“Sì, soprattutto per la patologia più comune e frequente, che è la lesione del tendine della cuffia dei rotatori, che colpisce dopo i 65 anni di età perché i tendini (paragonabili a dei ‘nastri’) che avvolgono la testa dell’omero si logorano e si rompono provocando dolore e limitazioni nella forza quando si alza il braccio. I motivi possono essere traumatici o dovuti a un eccesso di carico, oppure è quanto avviene punto e basta. Proprio quest’ultimo fatto ci ha portato a sviluppare una possibile ipotesi ed un conseguente filone di studi, volto a verificare se possono esistere meccanismi biologici in questa patologia”.

Avete, quindi, iniziato studi basati sull’ipotesi dei meccanismi biologici?

“Sì, sotto due aspetti. Il primo è capire se le lesioni si possono prevenire individuando un marker, ossia un marcatore specifico, attraverso lo studio di enzimi e inibitori che distruggono la parete del tendine, che ci permetta di conoscere per tempo la presenza di queste lesioni e sviluppare farmaci e terapie mirate per arrestare il processo degenerativo. In altre parole, si tratta di provare ad individuare quello che è il psa per il tumore della prostata riportato ai tendini della cuffia dei rotatori. Il secondo aspetto, più vicino e già consolidato, è l’uso di tecniche biologiche. Si è notato, infatti, che la chirurgia ha un tasso di guarigione incompleta pari al 35-37%, anche se il 97% dei pazienti è soddisfatto. Questo riporta il pensiero all’aspetto biologico: anche se l’intervento è stato eseguito perfettamente, c’è un processo biologico che ne influenza i risultati. Così sono state messe a punto nuove metodiche che utilizzano i fattori di crescita, ovvero favoriscono il processo di guarigione, attraverso gli scaffold (‘impalcature’ biologiche che aiutano la rigenerazione del tendine) o i patch (una specie di ‘cerotto’ biologico). Questa è una strada nuova, ma già consolidata e attuabile nel breve termine. Mentre il sogno, per ora più in là nel tempo, è l’individuazione di elementi che evidenzino precocemente l’avvio di processi degenerativi del tendine, per attuare così terapie farmacologiche di arresto del processo”.

In sintesi: ieri, oggi, domani della patologia della cuffia dei rotatori nella spalla?

“Si può dire che il passato remoto era il quasi abbandono del paziente a se stesso e al suo dolore con le limitazioni di movimento. Il passato prossimo riguardava prevalentemente la chirurgia di decompressione sottoacromiale e la sutura a cielo aperto dei tendini, in cui tutto veniva ricondotto ad un processo meccanico. Il presente è la chirurgia mini-invasiva che opera in artroscopia, mentre il futuro prossimo è l’uso di supporti biologici. Infine, il futuro più remoto (e auspicabile) è l’individuazione dei markers di degenerazione tendinea. E’ proprio la direzione in cui stiamo lavorando.”